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La rosa: unicum di fascino e suggestione

  • erbefiori
  • 10 mag 2024
  • Tempo di lettura: 2 min

Aggiornamento: 5 ago 2024



rosa del tempio maltestiano di rimini

In una società impregnata di forte senso religioso come quella Medievale, gli animali e le piante nelle opere d'arte assumono forme che trascwendono la realtà, si caricano di sapienza religiosa, filosofica, esoterica, oscura ai più. Gli artisti ricorrono anche a mostri inverosimili per soddisfare il loro intento iconografico-esoterico a lode del Creatore.


La rosa, mediante tutti gli aspetti, forme e attinenze costruisce intere sequenze per descrivere di Sigismondo, mediante una processione di emozioni, i difetti, i pregi, le passioni, l'audacia, l'astuzia, il potere, le virtù, l'aomre, la gloria. Tutte le sequenze, a mo' di lettere di un alfabeto per immagini, strutturano il linguaggio capace di esprimere il trionfo dell'uomo eccellente in una visione globale, unica e immediata. La scrittura usuale, viceversa, non permette di esprimerlo con la stessa intensità. La rosa, quindi unicum di fascino e suggestione, può entrare, dopo l'ampia espressione di capacità, nel gioco dei trionfi per delineare, tra le figure allegoriche della condzione umana, quella dell'uomo eccellente.

In araldica le piante acquistano un linguaggio simbolico e allegorico denso di significati come la rosa quadripetala di Sigismondo Malatesta di Rimini. La quale nelle tante modalità di porsi, come in una sequenza di lettere dell'alfabeto, scrive il trionfo dell'uomo eccellente. Niente, dunque, meglio di un trionfo scolpito nel marmo per tramandare ai posteri la personalità di Sigismondo. A questo intento operano grandi personaggi, di cui alcuni allievi diretti di Marsilio Ficino.

La rosa routa i sepali, talaltra i petali, talaltra ancora entrambi, mostra le foglie ovate o cordate alla base, acute all'apice e corte da non raggiungere il fiore, talora allungate, lanceolate, lineariformi, sinuose e svettanti al lati della corolla, talaltra divaricate a mo' di bracci, fa emergere il tralcdio da una fauce di due foglie d'acanto, talora da radici di aspetto antropomorfo e talatra da un calice.

Vive e palpita in una iconografia di mute corrispondenze ermetiche, alchemiche ed astrologiche.

Con il suo capovolgersi, con l'acquisire l'antropomorfiscmo, con lo stelo a S di Sigismondo, con il perdere talora i sepali, con l'aumentare a 5, a 6 o a più petali, con l'ingentilire le cornucopie, gli abiti, gli scudi si condensa di contenuti.

La croce dei petali, la chi dei sepali, l'anfisbena del dorso, le foglie a mo' di braccia, le radici a mo' di gambe fanno di essa una mandragora che sa coordinare tutte le attività, scegliere le persone e i luoghi, piegare le situazioni difficili, condurre alla vittoria, suscitare l'amore e la fecondità.

La mandragora è dotata però di forte ambivalenza: se si capovolge e un putto portastemma la mostra capovolta diventa una creatura demoniaca, capace di insuccessi, rovine e isolamento.

La rosa nella Rocca, la prima a comparire in ordine cronologico, rappresenta il cielo natale di Sigismondo, le tendenze della sua vita e la possibilità dei futuri sviluppi, le altre rose, successive, rappresentano avvenimenti possibili o realmente accaduti, in atto o in procinto di essere.

Ciò spiega le diverse e tante rotazioni che subiscono le due croci fiorali, il decorso dello stelo e l'andamento delle foglie.



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